ALBINO PIERRO – 7 POESIE DA “APPUNTAMENTO (1946-1967) – LATERZA ED. (1967)

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O CRISTO
 
Il mio perenne vortice d’angoscia
tramutami in un lago tranquillo,
Cristo;
e fammi vivere come
nei limpidi e taciti fiumi
la bianca immobile pietra.
 
 
 
L’ALA DEI SOGNI
 
Come dal nero del cielo
si stacca una stella,
 
(diamante
che in nera volta di grotta
un piccone ha schizzato),
 
così dal sonno s’invola
il cuore umano se tocco
dall’ala bianca dei sogni.
 
 
 
OGGI
 
Non si ha più il tempo di pensare
a ciò che fu nostro:
lacrime sogni speranze
ansie dolori gioie,
non sono più la magia
non sono più la poesia.
 
C’è una sola ebbrezza che ci possiede:
l’ebbrezza del fare,
che rifugge dalle scorie ingombranti;
è come se brandissimo un’ascia
per fare giustizia dei trucioli
destinati al tribunale del fuoco.
 
Questo mondo,
non è che una pista di lancio:
occorre attraversarlo in fretta
con occhi bene aperti,
e senza un tremito nelle ciglia,
questo mondo:
la saetta si scarica decisa
nel punto giusto da colpire.
 
Corpi, solo corpi, sempre corpi,
ecco la nuova magia;
avere, sempre avere e accumulare,
o soltanto avere senza accumulare,
questa la poesia.
 
Non si ha più il tempo di volgersi al cielo stellato:
son cose queste da monaci di clausura,
da carrettieri che cantano e guardano in alto
per non cadere nel sonno.
Via, tutte queste cianfrusaglie da perdigiorno,
da malti gravi di ospedale:
la vita è moto,
è un tirar dritto alla meta,
palla di moschetto.
 
L’uomo,
non sa più volgersi intorn
alla ricerca di un palpito di vita nascosta;
passa, cieco, e va oltre,
mentre gli occhi tristi di una bambina
che si stringe a una bambola
fra le cupe rovine della sua casa,
lo seguono, e lo vedono sparire,
come un personaggio vestito di ferro
d’una favola dimenticata.
 
 
 
EQUIVALENZA
 
Poi quando sarò morto,
mettetemi pure nella terra,
ma non portate fiori tagliati,
cadaverei imbellettati.
 
Venga solo la croce
dalla miniera o dalla montagna,
e non importa che ci sia un nome;
basterà che ricordi l’equivalenza
Golgota uguale Vita.
 
Un tenue fuoco di lucciola,
vertice di un mondo,
ringrazi per me, dopo il sole,
ll tenero amore della zolla
che tesse baci ed abbracci
con l’erba.
 
 
 
SORTILEGIO
 
Il dolore,
giorno dopo giorno,
è stato invocato dalla mia anima,
ed è venuto;
ma ora,
non sa più come licenziarlo.
 
Sembra che strani rapporti
di cortesia, e qualche volta di amore,
impediscano all’ospite gentile
di cambiare dimora.
 
Mio Dio,
i neri sortilegi
sono dunque più veri
dei cupi boati del vento?
 
Ecco,
forse la mia anima,
in una notte lontana e misteriosa,
ha conosciuto il volo delle streghe,
e, bianco lenzuolo legato a scalpitante cavallo,
precipitò nell’abisso.
 
Da quella notte il sonno non ha fine,
e il sonante cantiere del mondo
è sempre come fosse sulle nuvole.
 
 
 
DRAMMA
 
Nevicava
ed io gridai all’uomo:
“Il vero dramma non è la fame”.
 
La mimosa è l’oro della terra
che tenta il distacco,
ed io sono al cancello di un convento
per ricordare quel grido.
 
Silenzio di cripte millenarie
che avvolge la vita che non si spegne.
 
Il vero dramma:
“Sentirsi voce tra i muri”.
 
 
 
C’È NEL MIO RIDERE UN’OMBRA
 
C’è nel mio ridere un’ombra
nascosta come forse nella pietra
furiosamente chiara nel meriggio.
 
 
 
Albino Pierro (Tursi, 19 novembre 1916 – Roma, 23 marzo 1995) è stato un poeta italiano. È famoso soprattutto per la sua svolta dialettale e per essere stato più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura Fu consacrato fra i grandi lirici del novecento italiano da critici come Gianfranco Contini e Gianfranco Folena. Le sue opere sono pubblicate in inglese, francese, persiano, portoghese, spagnolo, rumeno, arabo, neogreco, olandese e svedese. Nel 1976 ha vinto il “premio Carducci” per la poesia. Nel 1986 e nel 1988 fu vicino alla vittoria del Premio Nobel per la Letteratura, infatti in entrambi i casi arrivò secondo. Essendo stato riconosciuto un grande poeta anche all’estero, nel 1985, venne invitato dall’Università di Stoccolma ad una lettura di poesie. Ricevette nel 1992 la laurea honoris causa dall’Università della Basilicata. Nel 1993 la Normale di Pisa organizzò un incontro con il poeta. Il 23 marzo 1996, ad un anno esatto dalla scomparsa, il Consiglio Comunale, ha proclamato Tursi “Città di Pierro” e intitolato a lui l’Istituto Comprensivo di scuola Materna, Elementare e Media. Al Comune di Tursi ha donato la sua casa e la biblioteca contenente migliaia di libri. Durante la sua carriera collaborò per le riviste Rassegna Nazionale ed il Balilla. Tra le sue opere ricordiamo, oltre a ‘A terra d’u ricorde del 1960, I’nnammurète e Metaponto entrambe del 1963, ma ristampate nel 1966 in un unico volume. Quindi Com’agghi’a fè del 1977, Ci uéra turnè del 1982, Si pò ‘nu jurne del 1983, Un pianto nascosto del 1986. È uscito postumo Nun c’è pizze di munne che costituisce l’apice della sua lirica in dialetto di Tursi.
sette poesie di Albino Pierro (1916-1995)
 
da “Appuntamento (1946-1967)
premessa di Ernesto de Martino
Laterza Editori, Bari, 1967.

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