Anteprima editoriale – ROBERTO RANIERI – “Personat. Passacaglia e fuga” (L’anello di Mobius, a cura di Antonio Bux, RPlibri Editrice 2020)

Questa personalissima raccolta di versi di Roberto Ranieri, intitolata Personat. Passacaglia e fuga non è composta da poesie separabili e indipendenti tra loro. Infatti, all’interno delle quattro sezioni (Levare, Passacaglia, Cadenza e Fuga), gli spazi servono a isolare sezioni testuali omogenee, che nella tipica Passacaglia di matrice musicale classica (memorabili, in tal senso, la Passacaglia di Bach in do minore o quella in re minore di Buxtehude) formano una autentica rapsodia in ritmo ternario. In questo caso la Passacaglia coincide con cinquantaquattro ottave regolari di novenari, mentre nella sezione in Levare le ottave sono due, sempre separate. In Cadenza il testo è invece compatto, mentre in Fuga le sottosezioni sono due: nella prima le spaziature sono tra blocchi semantici coerenti, nella seconda tornano le ottave di un “A capo”. Un lavoro dunque di precisione stilistica e metrica, dove un certo sperimentalismo s’abbina a una sinfonia meta-classica che prende spunto dal quotidiano e dal popolare per ergersi a composizione quasi canzonatoria, giullaresca. Ed è questa variazione di temi e di registri che più affascina nella poesia dell’autore veneto: quel sottile equilibrio tra mera composizione scrittoria e una forte consapevolezza morale e poetica del “dire in quanto s(u)ono”. Forse perché la vera cifra distintiva sottotraccia di questo lavoro è la dissimulazione di un retroterra psichico preciso, primo mandante dell’intero percorso: ovvero la sutura di un dissesto legato a un abbandono affettivo, fatta a colpi di filastrocca, nell’ossessione ritmica ternaria della passacaglia bachiana. Ma è un sentire che resta appena sfiorato, proprio perché attraversato dall’autore in un abisso mentale “altro”, nel tentativo di scandagliare lo scandagliabile e rovesciarlo in una specie di neuro-danza.
 
 
Antonio Bux
***
 
Potessi mandare a memoria
il battito a vuoto, la rima
anomala che rende gloria
al bluff di un pronome-rapina;
bloccare mandibole armate
di capsule e vecchi fantasmi,
fonemi di serie, infornate
di bava a covare sintagmi;
 
parafrasi lenta, trapasso
di nodi da codice a imbuto
di cellule, cedola a incasso
perché non sia tutto perduto;
e più scrivo qui e più ti perdo,
lo so, va così in questa vita.
Sei il come se di cui mi innervo
al bivio, se trucchi l’uscita.
 
 
***
 
O boschi, strettoie di neve
che aggiornano questa stagione
a fuochi notturni di pieve
sfornando già prove su prove
di te, e l’ingordigia del prima
aizzata per farti la festa,
se sbanchi la storia e la rima
cedendo alla mano più lesta…
 
E scivola via il controsterzo
del simulatore di volo
che slitta per tragico scherzo
nel baratro d’un uomo solo
di colpo bambino, poppante
di sogni come il predicato
di un mondo sospeso e invariante,
che in te pesca il moto e lo stato…
 
E intanto la notte trascrive
la fideiussione in contanti
su un corpo che ancora convive
col mio levigando varianti
di stato su fodere e pelli
nel luogo di me più impensato
tra i lobi fin sotto i capelli,
al bivio fra milza e costato.
 
 
***
 
La coda del tema che inizia
da capo nel bolo sfinito
di regole; pia liquirizia
di forme che non ho capito
ma sciolgo fra labbra e palato
sfidando l’astuzia del nero
a estinguere il moto e lo stato,
lo iato fra c’ero e non c’ero.
 
Amore, che a nullo tuo amato
rifuti mai la prefazione
in calce, carteggio avariato
di bocche riaperte a tuo nome
e subito chiuse, nadir
e zenit d’ogni convenzione
di pappe, già dolce dormire
di maggio, bidet al cortisone…
 
Perifrasi lenta e trapasso
di nodi da codice a imbuto
di cellule, cedola a incasso
perché non sia tutto perduto;
nel Nome di Madre e del Figlio
si stacchi lo Spirito Affranto,
la rima riporti consiglio.
Io e Tu, cantilena e discanto.
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