da “Prima transizione”
II.
Tu balli,
tu non riconosci la malacarne
ma tocchi un petalo, una radice
o una muta di serpente e la natura
si ripete.
E il tuo seno è così nudo.
Quanti uomini spogliandoti
hanno annodato i tuoi capelli, e poi
stretto forte
mentre io mangio ostriche.
Per tre giorni e tre notti
guarderò il bianco del soffitto colarci
addosso, riempire
i nostri corpi spenti.
III.
Allo scoccare dell’ora più calda
Icaro spiumato
precipitò come una moneta
e certo non era più lui, muscoli o anima,
sopra il mare, in caduta.
Il mio volto nel tuo occhio, il tuo nel mio
divento analfabeta del mio sesso
le assenze, tutte, hanno il tuo nome.
Riapri i collant riparati
a tocchi di smalto, e confessi
la prima volta in cui hai
tradito, il frutto
che ti piace o la cicatrice obliqua
dell’appendice.
Sembra enorme il pube
sotto la tua mano.
VI.
Come Cassandra, con le cosce ben strette,
ho visto il Grande Cavallo oltrepassare le mura
e non avevo voce per impedirlo. Boccheggiavo
come un pesce, le iridi che dilagavano,
ed era crudele non desiderarti
a scapito dei divieti che avevo addosso.
Apollo sputò in bocca a una vergine e la rese profeta
invece tu, più che umana,
hai disarticolato una creatura
banalmente magra, banalmente sessuata
e hai impastato una pulsione.
L’acqua delle attese ha compiuto il miracolo
levigando il bacino da ragazza
e dallo scarto dell’onda è nato uno strano androgino
che a te sarà vicino e separato
come la carne all’unghia.
Togliendomi il trucco dagli occhi
ho visto il mio futuro.
da “Seconda transizione”
Ø
Esiste, in fondo al mare,
una conchiglia
che nessuno ha mai visto.
Non rispondere
vero o falso, nessuno sa. Mi spaventa.
La casa delle bambole è solo
un teatro con più sembianze, ma anche lì
accadono cose troppo reali.
La madre l’ha messa in guardia:
«cuoce il sangue l’acqua bollente.
Il mestruo si lava a freddo»
IX.
Ha i sintomi dei suoi amanti.
Ne confonde le sembianze l’una
con l’altra, con sé.
Come le mezze asino e mezze femmina
che sotto il cielo di Crotone, tra gli sterpi
graffia-gambe imitano del maschio
la voce e il pomo d’Adamo.
Li osserva dal buco della serratura
cade malata se loro
cadono malati,
si traveste, si convince
di godere spiando
il collo bianco della cameriera.
Se smettessero di dormire
insonne si scoprirebbe insonne.
Ø
Le finestre tagliano l’integrità
della casa, in file di tre
buchi color pastello.
Spio lei, mi osservo.
Sto rovistando in cerca di un cuore
dove i cuori dovrebbero annidarsi
tra le mani ho un artefatto
contorto, a spigoli
né buono né cattivo – solo
non è integro. Altri
ne hanno una parte
bambole o automi che non
lo restituiranno: tutti
si credono interi.
da “Terza transizione”
*
Tutti questi mondi che camminano, si ripetono, sconfinano. La creatura è dentro ogni stato. Evapora. Si addensa. Crepa. Va a fuoco. Non ha nessuno in cui specchiarsi perché nel bosco non c’è l’altro. La creatura capisce la solitudine eppure non la capisce, ringhia per avere un rumore da chiamare simile, e dà all’eco il nome di se stessa. Sente che l’eco un tempo è stato definito Dio ma ora ogni cosa ha il nome di ogni cosa perché non c’è nessuno che possa chiamarla. Ci sono troppi fantasmi sotto la terra, rossi rossi fantasmi.
*
Qualcuno potrebbe chiedersi perché la creatura non abbia uno scopo in questo atto, che cosa faccia la creatura, perché si limiti a vagare. Ma la creatura non si limita. La creatura non è umana. Come un grumo di esistenze, ancora sta sulla soglia della porta senza porta, aspetta il suo battesimo. O forse, è la fine di ogni transizione: un coagulato di esistenze vissute o abortite che ribollono, come acqua in una pentola. La creatura annoda le lingue del cosmo e se aprisse bocca dovrebbe rompere l’unità. Iniziare da qualche parte.
*
Voglio che sappiate che la creatura è molto sola. Ho voluto che apparisse sola. Però forse non è vero che non c’è nessun altro nel bosco: il mondo inorganico è l’altro. La creatura vorrebbe mutarsi in sasso, in pianta, in legno, smania per la loro solidità. Essa si vede solo per parti, benedetta e dannata, le sue estremità sono molteplici, e bucate. Se offrisse latte a una divinità colerebbe sulle pietre sbagliate. La creatura gira intorno allo specchio d’acqua, un giorno – le hanno detto o lei crede o la leggenda narra – si vedrà a figura intera. Finalmente, completa.
Molto belle. Grazie.
Grazie a te!
Antonio