[…]Quella di Federico Pinzetta è poesia di misura e di macero. Perché l’autore brucia attorno al silenzio e alle sue venature, a volte brillanti, altre opache, ma sa anche contenere il grande argine della parola. E in questo tintinnare calmo di versi, le voci del silenzio abitano le parole ancor prima che si stendano sul foglio. In definitiva, questo sorprende di un autore così giovane, qui alla sua prima prova: scivolare nella tradizione senza risuonare il ridondante, anzi, creando micro realtà sensoriali che inducono il lettore a definire il silenzio proprio grazie alle parole che in fin dei conti non annunciano né cantano, ma si sottraggono ancor prima all’intenzione di essere scritte.[…]
(dall’introduzione di Antonio Bux)
***
Qualcuno ha detto mela
da dentro un camino,
con quel giallo che vuole
coricarsi in me
la cinciarella respira cenere.
Il dormire di ieri
si sentiva in debito
con la pioggia.
Per chi malinconicamente la abita
la goccia si consuma.
***
Nel giro di boa delle mattonelle
sospirano le miserie,
in confronto allo stare
arboreo delle leggende
la botta del supermercato
spalmato sul cemento
raccoglie il ridicolo.
A volte è piangere un pilastro
per il gelsomino o
sputare se stessi.
Nel loro preciso essere nulla
i geli travestono.
***
Subito dalla porta l’odore
umido sulla schiena, tagliarla
senza riuscire a dispiacersi
continuando il chiarore
dai seni in bocca
seccano i petali così
il sangue la coscia;
le dispersioni nell’ombra, un cadere.
Riconoscersi lama.
Dai lembi snodare il mondo
ed essere lì per dire
“disfatti, disciolti !”
dove qualcosa diventa altro,
infine bersi
dove l’albero diventa sole.