L’uomo allestì il Purgatorio nella sala da pranzo – affinché sua figlia, compiuti i dodici anni, capisse l’Ulteriore che le era destinato per diritto di nascita e di colpa. Dal soffitto pendevano nuvole di cotone; così fitte, le nuvole, da rendere la luce di fuori una febbre soffusa. Teli bianchi ricoprivano i mobili, le sedie; gli ospiti seduti sul divano come fantasmi.
“No, figliola: come anime.”
L’uomo spruzzò acqua salata negli occhi della figlia. Ripeté l’operazione più volte.
“Appena arrivata in Purgatorio non riuscirai a mettere a fuoco le forme; ti bruceranno gli occhi. La Luce del Purgatorio è una eco distante della luce divina, ma quanto brucia ai nuovi arrivati! D’altronde una luce così, qui sulla terra, nessuno ha mai modo di vederla.” L’uomo chiese a sua figlia di seguirlo; girarono in tondo per il salone. Gli ospiti sotto i teli parlavano velocemente fra loro. Imitavano alla perfezione le anime purgatoriali. Padre e figlia oltrepassarono la porta del salone; proseguirono per il corridoio. In fondo a esso, di fronte alla camera da letto, una vecchia rete di materasso. “Quella è la graticola dove l’anima, una volta espiata la penitenza, viene arsa e ridotta in cenere; perché come cenere, anzi come fumo, deve poi salire al cielo e farsi parte del Signore.
in foto: L’isola dei morti (terza versione, 1883)
di Arnold Böcklin (Basilea, 16 ottobre 1827 – San Domenico di Fiesole, 16 gennaio 1901)