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I bambini devono crescere hanno
bisogno di un ambiente sereno loro
hanno uno sguardo pieno di sogni
di cose invisibili.
Non ricordo mai cosa sogno cosa
vive dentro i miei sogni
e cosa muore.
I bambini riempiono di grida e di
giocattoli le nostre case senza di loro
sembrano vuote non sembrano
nemmeno case ma posti sconosciuti
dove alberga la tristezza.
Allora tu cosa hai sognato
questa notte eri così agitato,
digrignavi i denti.
Appena ti sei addormentato hai
cominciato a sudare e respiravi
con la bocca aperta,
sembravi un angelo.
Questa tua giornata piena di
desideri
(è il modo d’essere dei bambini
il desiderio)
che a volte ti vergogni perfino
a svelare, questo tuo
accumulare cose
che ti serviranno per le risposte
evasive di domani,
portano dunque a questo.
Forse ricominci nel mondo
silenzioso dei sogni e lì ogni tua parola
ogni piccolo gesto che pareva
insignificante si colora
ed è finalmente capito.
Cosa temi di più?
Che io me ne vada un giorno,
che apra quella porta senza curarmi
del tuo dolore come in un tempo ormai
sepolto non si curarono del mio?
I bambini devono crescere loro
sono così piccoli sono tenui
e si fanno spesso male
fanno stare in apprensione tutti
e hanno quel loro cuore invisibile
che batte molto più velocemente
del cuore di un uomo.
Sono delle piccole divinità
scese fra di noi e come tutte le divinità
sono incomprensibili e misteriose.
Non so mai cosa dire alla gente, forse
dico cose che non vorrei pensare
in realtà è tutto talmente oscuro e
(appunto) misterioso,
tutto così fragile ed esposto,
un petalo di gesso minacciato
in un vaso del balcone.
***
Non sono un padre, non sono
nemmeno un uomo.
Sempre torvo e ricurvo, sempre
pronto a scattare
come le chele del granchio.
Lei è là in piedi che
non vuole mangiare,
il suo corpo è magro
pallido minuscolo
nel centro della stanza
e ti guarda
e piange
e non capisce
dove sono finite le parole
che conosce
in quale buco oscuro del tuo cuore
si sono, senza motivo, nascoste.
***
Noi siamo il peggiore esempio per i nostri figli
come i nostri padri lo furono per noi.
Come i nostri padri sogniamo di fuggire
con una donna giovane di dimenticarli di
non pensare più a loro.
Come loro facciamo sogni pieni di cose passate
vaghiamo in stanze di amori lontani, indimenticabili,
e quando guardiamo i nostri figli senza essere guardati
proviamo qualcosa di simile al terrore.
Noi fingiamo costantemente di occuparci di loro
del loro bisogno di crescere di essere protetti
dispensiamo arbitrariamente ricompense e
punizioni, li segniamo per sempre.
I nostri figli non ci perdoneranno mai come noi
non possiamo perdonare ai nostri padri di essere stati
simili a quello che siamo diventati per colpa loro.
***
Come spiegare ai nostri bambini
lo sfinito mondo degli adulti,
mentre ci sforziamo di preservarli
nella speranza di non vederli crescere
un po’ come si contiene una pianta
in un vaso minuscolo, una minuscola
pianta che dà minuscoli frutti come
dire loro questo fallimento questa
stanchezza questo dolore custodito
come se fosse una cosa di cui si può
diventare gelosi?
A loro tutto ciò che ci riguarda
deve sembrare incomprensibile.
Le parole, quelle parole terribili
che non riusciamo a trattenere e i gesti
quei pugni sulle porte e le fughe
i ritorni e tutta questa pantomima questa
vita da clown che non li fa ridere,
queste reticenze e questo svelare
i fiori per i compleanni l’affanno
con il quale ci presentiamo davanti
a una scuola a loro
deve sembrare impossibile questo nostro
arrancare nei giorni queste valige fatte
e disfatte nel giro di un’ora le false
partenze subito rinnegate
il modo totalmente arbitrario che abbiamo
di educarli
le cose che dimentichiamo e che loro
ricordano sempre
(il nostro assurdo bisogno di dimenticare)
come possiamo sopportare questo loro
piccolo amore incondizionato questo
affidarsi e perdonarci come sopravvivere
di fronte all’immagine pura di quello
che abbiamo irrimediabilmente perduto
di quello che la corrente degli anni
ha trascinato via?
***
Io non ti farò più soffrire non userò più le parole
che ti fanno soffrire non userò più le parole,
quando cambierà la mia pelle
una buccia lasciata essiccare sopra un
termosifone
tu non
dirai che sono stato causa delle tue due
depressioni, non ricorderai
niente di me.
Io sono un marito molto ordinato, ho bisogno
di essere un marito ordinato pettinare
le frange dei tappeti e pensare
che avremmo dovuto rotolarci su quei
tappeti che comprammo per non camminarci
(io sono un marito molto stanco di ferite che ormai
non riescono nemmeno a sanguinare, sono stanco
del metodo che usiamo per ferirci senza sanguinare).
Quando mi tramuterò,
la mia pelle essiccata una buccia
amara di limone.
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Cinque poesie di Mauro Fabi
da “Fiori in pericolo”
(Avagliano Poesia, collana fondata da Andrea Di Consoli e Claudio Damiani, Avagliano Editore, Roma 2006)
Molto interessante…