
SI VIVE DIVISI IN DUE
Si vive divisi in due
— prima e dopo la vita
sempre è un altro che vive —
quando invece a morire
è un doppio che precede,
come se morisse due volte,
prima la vita e poi la morte,
con l’essere nel mezzo,
un doppio che si dimezza,
come mai nato, a metà,
come se fosse il doppio
solo la sua morte.
NON È PER TUTTI
Esiste un mattino ma non è
per tutti. Si alza da sé cresce
un volo di rogne. E non è per
tutti. Non è per tutti sapere
il mattino, alzare una specie
di nebbia in qualcosa quel livido
dove ognuno può riconoscersi. Ma
non è per tutti. Non tutti possono,
non tutti sanno il mattino, non a
tutti è dato capire se il cielo è un bel
velo, se davvero riflette o se esclude. Però
perché dire il falso? È per tutti lo stesso
cielo a squarciare, è per tutti uno sbalzo
nel nero o soltanto il gelo della promessa
se per tutti vale la sfera, il mondo girato
nella mano nemica. Se per tutti è straniero,
meglio si dica: non contate più troppe stelle.
Ma no, non è per tutti, se il mattino dirada
le piogge se le nuvole atrofizzano i volti se
l’aurora non finge e mostra la terra. Non è
per tutti se ritorna a costringere il buio al suo
specchio, se si mostra più caldo e se apre
nel ventre la voragine umana. Se la notte
combacia i silenzi, non è per tutti starsene
zitti. Allora cresce ancora in miseria, da una
scatola nera l’ombra terrestre. Quella è per tutti.
FINE D’INCIPIT
Ero piccolo e vedevo gli alberi
parlare alle persone
nessuno rispondeva ma c’era
un bambino, si illuminava
in mezzo ai cespugli
credo fosse armato di cielo
era molto distante
a un certo punto smise di far luce
nel buio calpestato ricordo
gli alberi
cominciarono a dirmi.
NELL’ECLISSI
Qui non dorme più nessuno. Eppure
gli occhi non comandano, non
dirigono la mente o il corpo verso
l’alta definizione. Però si sogna,
ognuno sogna a vuoto, di andare
comunque, nel rimpiazzo delle nuvole.
Dove ogni saluto è aria che si sposta,
aria che fa massa, aria un po’ più eterna
se si saluta sognando, se è un sorriso
di sogno o solo un’eco il risveglio coperto.
Ma è un’eco, laggiù, il saluto che ci sveglia?
Qui non dorme più nessuno. Si dovrebbe
sbadigliare paralleli, o sbagliare atmosfera
baciando, perdersi come in un sonnifero
troppo dolce: chiuso l’occhio, aprirlo insieme,
scendere lentamente sottobraccio, nell’eclissi.
FORBICI
Dicono che questa sia una pagina,
e le parole la forma di una pagina.
Lo ha detto un signore, poco formato,
un uomo coperto con l’occhio scuro.
Così io anche mi sono pensato
dentro una pagina, col volto e la forma
di una pagina, e le parole che non ci sono.
Una donna qui si è spogliata, ha stretto
i suoi grandi capezzoli attorno al rumore
per scrivere piano, un fiore immenso, un dito
che non toccherà niente. Lo ha visto
sulla pagina un bambino, aprendosi
la mano, qui dove muore, dove
la vita vuole. (Su questa pagina
che ora è un bambino
e la sua forma ancora parola).