
Onore ai vivi, ultima silloge dello scrittore e musicista Giovanni Peli, è un inno, senza troppi fronzoli di forma, dedicato a chi resiste, a chi non ha tempo, poiché è vivo, poiché è soggetto (nel suo etimo di Subjectum), e del suo vivere subisce solo il distacco da quel tempo, del materiale che si fa umano. Dunque non è questo un inno consolatorio, più un’irruenza dal tono antilirico/invettivo (dove si alternano poesie a momenti di pura prosa poetica), ed è dunque un togliere la maschera alla propria retorica d’uomo, definitivamente per oltraggio alla resistenza stessa, di mostrarsi per quel che si è, e non per quel che si dice (e non a caso cito dal libro, “le parole non appartengono alla poesia”). E se le parole non appartengono alla poesia, e la poesia non appartiene all’uomo, la Natura stessa di Essere e di Sentire non appartiene alla Poesia, ma alla sua essenza. E da qui “l’incandescenza” di queste poesie: del non saper essere solo parole, ma carne viva di un esistere che ama, e odia, e che sente la comunicazione come emozione e dunque sincerità, braccio aperto alla “necessità” dell’altro.
Antonio Bux
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può scegliere se vivere
o occupare il suo posto nel mondo
può decidere di passare alla storia
come quello che è morto lasciando qualcosa
ma tutti siamo perduti e alla resa dei conti
siamo costretti a definirci noi
noi tutti ci ritroveremo tagliati di netto
con le ossessioni un tempo addomesticate
e amate
la frasi forbite che sfruttano biografie
e altre menzogne
le due parti di noi non sono più conciliabili
una delle due per esempio
pronuncia gli accordi di una chitarra
le corde sono state le nostre vene
da giovani tutto sembra impuro e giusto
ora si avvia nella purezza e nella povertà
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vogliamo sapere tutto degli altri
noi che ci siamo appena costituiti come un noi
abbiamo dimenticato il saggio su celan
siamo stati dimenticati dai nostri sfruttatori
abbiamo dimenticato il tempo buttato
a cercare guru melatonina e massaggiatrici
l’inverno aggira le speranze e le possibilità della luce
guidiamo nella sera perenne
fosfeni al posto delle indicazioni stradali
dimentichiamo ogni nebbia
mentre ci sale dai piedi
la stessa terra umida
e siamo aggrediti
aggrediti da ogni pensiero
pronti al fulgore
e a parlare parlare
di noi agli altri
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onoriamo insieme i vivi
gli amici che ci parlano di cose inesistenti
onoriamo anche gli amici spariti lontano
che non abbiamo mai toccato né voluto
sono tutti spariti come zanzare morte di freddo
e sarà la nostra fortuna
consistere di noi stessi
raggruppati come le palline di mercurio
giù per terra sul pavimento di macchiette
nere e bianche e grigie
cullando ogni frutto caduto
come le idee
ha le sue ragioni il sole
aprire le braccia
la vita non dà niente in cambio
di Giovanni Peli
da “Onore ai vivi” (autoprodotto, 2018)
