*
Estranei. I giorni non tornano.
Per diverse ragioni viviamo
dietro le palpebre di una persona.
Fuori resiste. Ostinato. Fuori limita.
Dietro viviamo.
Luce. Dentro.
Irrompe fin dove ha ragione il buio.
«Poiché è incandescente. Poiché nessuno le resisterebbe».
Fuori è un perimetro svanito.
I corpi vagano. La mano in agguato.
*
Ma c’è nel sangue un sangue che defluisce leggero
verso la dimora del bene. Un uomo nell’uomo
oltre la bestia. Oltre la clausura.
Dev’esserci una mano nella mano senza più colpa.
Indifesa. Fuori dalla stretta.
Sul volto appena nato nello specchio della tua luce.
Sì. Per le stesse ragioni. Ora è qui.
Poiché si rivolta. Si affida
*
Una parola entra nel nostro silenzio.
Entra come chi sta per uscire dal respiro
con nient’altro che il suo fiato.
Mai.
Dall’orecchio fino alla bocca si ritrae
dal buio della cronaca
dalla scrittura della terra.
Fino allo splendore.
Come se fosse mai esistita.
Tu la raggiungi.
*
Voltarsi verso la notte in persona
è così che andiamo nell’assenza
le mani strette intorno al fiato
un cieco col bastone porta il tempo della vista
l’orecchio porge la mano al silenzio
non ci sono ore nel sonno, non peso
né condivisione
il buio trapassa le bocche
fuori
nel sangue il corpo mantiene la sua promessa
chi rimane conta ancora
il numero degli addii è insopportabile
*
Tutto è aperto, tutto lascia trapelare l’avvenimento
dai polsi si levano steli di sangue
il mio occhio raggiunge il tuo occhio
nella pupilla si staglia il segreto
dalla croce discende il destino
le ore fanno i conti col buio
levarsi dal proprio corpo
è tempo che il silenzio riaffiori
*
In principio fu il bacio coniugato all’infinito sulle labbra.
Giurammo che mai saremmo stati senza.
Giurammo. Siamo noi.
Il sangue che non ha perché.
Il sangue di nessuno.
La disperata corsa verso la prima cellula.
L’annidamento.
Il tempo necessario alla specie per parlare.
Il figlio non nato in vita
che un padre avrà da piangere o nominare sempre.
Siamo noi del mistero la sola realtà.
Noi ci portiamo dentro.
*
Se i muri potessero parlare mentirebbero.
Frantumata la menzogna. Interrotta la pietra.
Nel pianto si raccolgono i volti. Acqua ferma nell’acqua.
In noi uno si vivifica.
Un’ombra si ritrae. Si raccoglie nella polvere,
nella risaputa inconsistenza dell’intonaco.
Viene giù tutto. L’immagine. Il colore è spento.
Resta una traccia di quello che sarebbe stato un affresco.
Tastiamo la memoria. Ma è notte. Notte della memoria.
Anche della stella che mi spinge fino a te.
_______________________________________
di Domenico Brancale
da Per diverse ragioni, Passigli Editori, 2017
Domenico Brancale (Sant’Arcangelo, 1976) vive a Bologna e Venezia. Ha pubblicato Cani e Porci (Ripostes, 2001), L’ossario del sole (Passigli, 2007), Controre (Effigie, 2013) e incerti umani (Passigli, 2013). Ha curato il libro Cristina Campo In immagini e parole e tradotto alcuni autori come Cioran, John Giorno, Michaux, Royet-Journoud.