***
Ero piccolo e vedevo gli alberi
parlare alle persone
nessuno rispondeva ma c’era
un bambino, si illuminava
in mezzo ai cespugli
credo fosse armato di cielo
era molto distante
a un certo punto smise di far luce
nel buio calpestato ricordo
gli alberi
cominciarono a dirmi
***
Gli uccelli a una certa ora
della sera rientrano
a fare tardi
non sono più liberi
da tempo hanno messo pagliame
al posto delle ali e volano
se li smetti di guardare fanno la luna
un po’ più sottile spiccando…
Sono esseri così veri alla morte
quando rimpiccioliscono
che tu fuori di ogni finestra zitto
vedi soffiare in loro
il gelo del tuo cuore e credi arrivi
volando anche per te la morte
con una mano spianata sulla fronte
ma non mostra niente
nessun uccello cade al passaggio
mentre qualcuno ti sostituisce le ali
quelle che hai usato anni fa soltanto
sei tu l’uccello sbagliato
ora nella polvere dei tuoi millenni
***
I cavalli bianchi cresciuti nel sonno
attenti a farli nitrire di luce
l’alba è divorata
sono altri gli occhi che disegnano
le piantagioni mattutine i semi
colorati eppure siamo sempre
paonazzi di comprensione
ogni giorno ai mercati semplificati
chi fugge miserevole chi ruba
a nascondino
chi tra un potere condominiale
e un affare contadino schiaffeggia
poeti dal balcone
ma finalmente le donne sull’uscio
spuntano le loro trecce
e dei mariti non c’è figlio
non c’è guscio amaro protettore
le acque sporche sono
pubbliche e pubblici i predomini
tra fanti e somari
chiunque prende numero
tra i lavandini in ogni statua
del mezzogiorno ovunque si bisboccia
e crescono puttane
dal sesso triplice
ma servirebbe coltivare giovani
i chicchi spaventati
al primo sole senza rete
e spendere la terra
tra ogni era che ci si scambia
in uno sguardo saper perdere
daccapo il raccolto già malato
che non c’è campo
solo fango
da vecchi o col cuore in fronte
una risaia di bambini sconfinata
loro piangono una gioia
abominevole
***
Quando il sole canta e vengono giù
pianeti inesistenti
ecco io ti prendo la mano sorridente
ti vengo dentro e muoiono i fiumi
ma io viaggio ancora da solo
e vedo nel tuo volto una burrasca
di solitudini e pure un’isola
perché il tuo corpo galleggia tra i vivi
dove nessuno vive
e ci vuole molto coraggio ad amare
sempre le stesse diversità ci vuole
l’amore forzuto che si riempie
dell’oceano perso dei mari antichi se poi
il tuo destino si fa isola e rispondi
quando il sole canta e vengono giù
pianeti inesistenti
le mie mani ti sorridono dentro
perché viaggi da sola come me
tra le abitudini
***
Tutti i modi di dire cercheranno di farci svanire
le frasi corrotte i gesti difficili come ricucendo
tutte le strade si romperanno per condurci
fuori una volta distratti saremo molto diretti
saremo navi tranquille con rotte di nebbia
in ogni abisso lasceremo una madre e l’uomo
scoperta la sabbia di sotto muoverà gli occhi
e i bambini alla deriva vedranno crescere
l’immondizia umana coprire tutto il paradiso
e la terra strano ascensore aprirà certi fuochi
gli inferni più bassi diranno la marea protetta
allora saremo fuori dal cielo fuori dalla terra
tutti ammansiti i nostri leoni di cristallo
piangeranno la luce del giorno
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Devi durare per tutta la carne
fino all’ultimo sangue
prestare il tuo giorno
sai bene
l’energia varia la mente
forma un principio piramidale
ma ti hanno chiesto
tutti i tuoi spigoli
e di consumarti
tra gli angoli della storia
e di mangiare ad un solo tavolo
con le mani piegate
e di smettere i panni perché
devi dire che sei povero
che non hai la precisione
del fuoco e non sai cadere
e neppure riemergere
ma tu vedi ogni istante
la superficie più sotto per te
cambia nome l’abisso
col tuo silenzio scritta nei cieli
sulle montagne la verità
dei venti
sappiamo sussurrarla
tra i boschi rotti tra i cespi
spalancati la bianca investitura
noi sappiamo servire finto
il cibo sovrano la pattumiera
ora che rimane il regno
tossico la discesa è permanente
scivolare o rimanere a galla
chi sprofonda dopo spezza bilance
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Tra poco verrà il mare
se saprò nominarlo
e i suoi effetti celestiali
si faranno avanti
e alcune conchiglie
enormi senza perle
medievali dall’abisso
mostreranno il perigeo
dagli uomini della pietra
e parleremo la stessa lingua
popoli affondati con gli dei
extraesseri e fiordi del Nord
le piante tutte riuniranno
sotto le ombre dei ghiacci
finalmente arriverà la palude
il blu comprensibile la sempre foresta
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Ho capito che soffrire e poi uscire e bere e tornare a casa sofferto poi mi aiuta a scrivere ma il problema è che se bevo fumo e se fumo non respiro e se non respiro non posso rischiare la mia vita appena tornata al suo ritardo. Insomma questo periodo mi ha sfranto meglio tornare da solo alla solitudine non cercarla negli altri perché qui da noi è malvagio stare insieme e si scoppia presto o tardi vieni risucchiato e la tua vita scompare e quella degli altri non aiuta. Io poi sono gran bevitore che se inizio a bere divento me stesso per davvero e ho paura di quel me stesso che poi mi fa fare le cose che dovrei fare nel bilico e non solamente, tra una cosa e l’altra divento tutti gli altri coi loro vizi e i loro pregi invece sarebbe meglio stare solo e sentirsi col mondo ogni tanto più vicino invece il mondo ora va a intermittenza. Meglio allora respirare e non bere e descrivere il suicidio dell’umanità con occhio spensierato
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Passano di mano in mano
gli anni e diventano giorni
e poi piccoli pianeti
dove ognuno visita solitario
lo stesso cielo
da lì c’è una pace più buona
l’hanno vista in molti eppure
la distanza è incolmabile
perfino costruendo
navi sonore quello spazio
felice si arresta
noi lo troviamo più tardi
dimenticato il sole
e le piante amichevoli
tra gli avanzi dei giganti l’oro
nascoste tutte le strade
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Troppi sorrisi lasciati a inventare
i sorrisi alludono a Satana
Dio e il mare non sorridono e una donna
se sorride è perché persa
nella bara perfetta della carne
ma la carne sceglie di vendicarsi
ci sono demoni a tutte le latitudini angosce
che vibrano tra i desideri
il tutt’uno che non vediamo eppure muove
nei cunicoli ed è morte
senza dominio il bacio
è morte che sa indovinare
allora domandare baciando il cielo
il cielo mitico, pre-atlantico, il potente
demone socio del creato
che sorride coi demoni impiccati
domandare se lassù
tra gli spazi a noi arresi
e che mostra noi infiniti
non è che una spalla il suo universo
girata dappertutto
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E se il mondo mente una strada
maestra è ciò che senti
a cuore; e senza mondo
possibile e senza amici
e senza amore
l’ultima mano che si tende
si tenderà
non a un lavoro, ma al cielo
lavorato dentro
allora il mondo più sincero
distante farà unione
la sera tutti stretti
alle anime vedremo meglio
11 poesie inedite di Antonio Bux
da “Il mondo mente”
Immagine di Andrea Gruccia, tutti i diritti riservati.