LUCIA MARILENA INGRANATA – POESIE TRATTE DA “IO E LUCIA” (EDIZIONI NOUBS, 2014)

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UNA POESIA PER TUTTE LE MADRI

 

 

La silloge d’esordio di Lucia Marilena Ingranata (“Io e Lucia”, Noubs Edizioni, 2014), scrittrice di versi non più giovanissima (classe 1955) ma notevole, è un libro che tutte le madri dovrebbero leggere. Perché è un verso pieno di una maturità che si concede all’esilio casalingo, senza risparmiarsi e conservando una dignità straniera, che si riverbera nella mancanza di sé. Quest’atmosfera d’esule interna si svolge tutta in un ambito domestico,  che è sostanzialmente da ritenersi “parziale”, data la sua apertura all’interiorità del mondo esterno, di cui si fa carico come essendo una specie di madre generatrice, di sponda di partenza ma, allo stesso tempo, di terra ricevente. E gioca sulla nostalgia, apparentemente, questa poesia, ma anche sulla leggerezza di volersi presente, tentando un corollario tra i diversi tempi, tra le attese e le speranze, tra gli isterismi sopiti e gli sbalzi del sentimento. Come i temi trattati, le parole si fanno sibilline, ricorrenti (troviamo spesso cani, piedi, gatti, la madre, la neve, il cuore l’inverno, la casa) ma mai banali anzi, viceversa, come se ogni tassello del libro andasse componendo un suggerimento urbano, mite e dovizioso di particolari, teso a diradare la foschia interiore che ciascun essere sensibile prova, al di là di sé.  Marilena e Lucia (in questo caso, l’altro, il  fuori di sé) giocano al rimpiattino con questa sensibilità, dando mostra di un catalogo in versi cadenzato e sottile, forte, solo apparentemente d’occasione, coscienziosamente votato al respiro universale e musicale, e alla leggiadria acuta e secca di certa poesia contemporanea, di cui questa poetessa è pregna di una sua propria singolarità rivelatrice. Difatti sono le immagini a venire esaltate in questo ritmo, alcune bellissime, che rivelano la potenza ma allo stesso tempo la fragilità di una donna dei nostri tempi, di una mater radice e presenza; ma anche di una assenza mentale suggellata dai fantasmi di altre vite, che tornano sempre a galla, ma che, la nostra, affronta con il disincanto di chi ha dato tutto pur sapendo che quel tutto non è mai abbastanza e che, proprio per questo, diviene la sola costante di questa intricata faccenda chiamata esistenza. Per questo, ogni madre dovrebbe leggere versi della Ingranata, così marcati e solidi: perché ogni madre conosce l’abbandono ma anche la forza del ritorno in superficie, pur rimanendo sospesi, sempre, nell’assoluta quotidianità dell’ineffabile.

 

Riporto una dozzina di poesie dal libro.

 

Con tutta la poesia del mondo,

 

Antonio Bux

 

 

 

 

I gatti di gennaio

 

Si appoggia sulle spalle la stanchezza di gennaio,

le carcasse dei gatti non avranno esequie

– scoloriranno – e l’ultimo a passare

non se ne accorgerà di averle calpestate.

 

Hanno tagliato il bosco, quello prima del mare

Anna, dovremo cambiare le poesie

e posizione delle sedie. Ma sai, importa poco,

ho un figlio che sa piangere di gioia.

 

 

 

Poeti e cani

 

I gatti aspettano, senza guardare l’ora

hanno espressioni senza punti di domanda

speranze brevi, quando nessuno arriva

svoltano l’angolo con sussiego

 

invece io ho speranze da cane, una coda immaginaria

punto il naso all’imbocco della strada

e lascio sempre fuori un piede, l’altro scrive

credendosi poeta.

 

 

 

La Gina

 

C’era l’ora del tè con la Gina

che mi sembrava vecchia – adesso è morta –

usava una bustina per tre giorni

come fanno quelli che hanno avuto fame

 

sedeva in cucina con mia madre

e raccontava, ho imparato così

la mia predilezione per le storie vere

 

Stanotte Gina mi ha telefonato

voleva sapere se sto bene

– dimmelo tu Gina se io sto bene –

 

 

 

Bruciatemi se muoio

 

Sono arrivata tardi e ancora arranco

i miei fratelli sono già lontani

l’errore è stato di ripartizione.

Ho sempre avuto dubbi su mia madre

 

diceva troppo spesso che ero bella

ma aveva lenti doppie e poi mi amava.

Da quando se n’è andata non mi guardo

non serve, tanto so che faccia fare.

 

I denti del giudizio li ho lasciati

dentro una scatolina di cartone

con un foglio che spiega chi non sono

 

bruciatemi se muoio, col vestito

quello nero che mi fa tanto snella

ultimo vezzo di femmina ostinata.

 

 

 

Nella foto

 

Io e mia sorella abbiamo i piedi uguali

e il cuore, bucato nello stesso punto

 

ci confondono spesso non si vede

che lei è buona, so mentire

 

come in quella foto dove rido

e accanto sono tutti morti.

 

 

 

Il bacio buono

 

Oltre il filo del peccato

mi porgi un bacio buono e dici

– non è l’ultimo in ordine di tempo

ricordi quello che ti darò domani? –

 

 

Avrò i capelli in ordine – per l’occasione –

e camminerò all’indietro con una gamba sola

Ora lasciami dormire sono in ritardo

col cuore.

 

 

 

Io e Lucia

 

Lucia raduna i morti in un cassetto

lascia che parlino tra loro

l’argomento è ostico

 

lei prepara un nido, dice che i passeri

avranno freddo, non crede alla clemenza

del buon Dio.

 

Tra me e il suo cuore c’è una coda di gente

in attesa però ci alziamo presto

come se avesse nevicato.

 

 

 

Previsioni del tempo

 

I fiori del ciliegio ignorano l’autunno,

Antonio parla di presagio

 

poi guarda indietro per circa settant’anni

e sente fame.

 

Io chiedo ai sogni di indovinare il tempo

considerandomi i calcagni, lo scricchiolio

dell’osso occipitale

 

poi guardo indietro per circa cinquant’anni

e sento fame.

 

 

 

Certe domeniche

 

Certe domeniche parlano poco

si rannicchiano sul fianco ad aspettare

un odore di caffè. Certe domeniche

 

salgo sui tacchi da signora, assumo

l’incedere festivo – o festoso –

bacio i parenti tutti pratico la sorellanza

 

spianando le rughe alle mie madri

in un vestito turchese e aspetto lunedì

per non amarti.

 

 

 

Anima attonita

 

Agito l’acqua nei catini, sono contenta

di avere tutti i denti e un’anima tagliente

che provoca, dibatte, emula il perdono

 

solo ieri a tavola ho perso la ragione

hanno messo troppe sedie, non riuscivo a dirlo

che adesso stai nell’altra stanza

 

per questo in piedi ho urlato buon natale.

 

 

 

Non spingere

 

Ho un’amica che scopa dei mariti

poi li manda a casa. Non dico niente

forse l’ho fatto anch’io

 

o l’ha fatto mio marito, tornare

col sapone sulla bocca, dire

che i quadri sono storti che sono storta

io.

 

Ci vuole del tempo, c’è un peso

sulla schiena e sulla porta

non spingere che non mi muovo

 

 

 

*

 

Sono tornati i ragni, è stato uno sbadiglio

fuori stagione. Il cane apre un occhio,

Giovanni li apre tutti e due mentre Rita

raggiunge l’eterno riposo

 

oggi ci siamo detti questo, l’abbiamo chiamata

alternanza. Si nasce, si muore o semplicemente

si sta. Ogni probabilità di fuga si frantuma

sotto la scarpa di un padrone.

 

 

17 Gennaio 2011

 

 

 

 

poesie di Lucia Marilena Ingranata, tratte da “Io e Lucia” (Noubs edizioni, Chieti 2014)

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2 thoughts on “LUCIA MARILENA INGRANATA – POESIE TRATTE DA “IO E LUCIA” (EDIZIONI NOUBS, 2014)

  1. Grazie Bux per questo bellissimo articolo 🙂
    Però non devi dire che non sono più giovanissima, io lo sono ancora, nella testa ovviamente ma è quello che conta di più.

  2. Pingback: VI RACCONTO UN LIBRO- Milena Nicolini : Lucia Marilena Ingranata, Io e Lucia. | CARTESENSIBILI

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