IANUS PRAVO: UN MORTO CONTRO GLI ZOMBIE
Banned. Maledetto, bandito, esiliato, proibito, messo all’indice. Se qualcuno cercasse i diversi significati traducendo dall’inglese, Banned corrisponderebbe più o meno a questi. E Banned di Ianus Pravo è un po’ anche tutto questo. Dato che Pravo è “l’ultimo assassino”, colui che trema di fronte al volto dell’amata. Ma sicuramente non troverete, traducendo Banned, l’equivalente di cieco. Per me questo “Banned” soprattutto assurge a cecità, intesa come sola luce possibile, come l’unica testimonianza, distruggendo la propria biografia. Difatti questo librello auto prodotto da Ianus Pravo (scritto per l’omonimo film di Irada Pallanca) è la cieca testimonianza di un esiliato senza luogo, dove il solo luogo è qui il corpo morto, il corpo corrotto dalla vita. Diviso in 3 parti (Banned – Dizionario della parabola – 24 haiku falliti) il libro è anche sinonimo di balbuzie, di tremore. Perché solo chi trema ha con sé la forza della lacerazione, la consapevolezza della divisione, il timore dell’incoscienza. L’incoscienza che è Dio, un suono invertito, il silenzio del soffio. Una parola dunque soffiata, a mezz’aria, il vibrato di una mano sola, che muore in un angolo di mezzo, una parola che è parodia di se stessa, dunque parabola inverse, ombra della propria ombra. Perciò Banned come impossibilità a dirsi, Banned come opposizione, come ostruzione contro di sé. E ancora, l’ultimo oltraggio, come auto denuncia, come morte in vita, girando le spalle alla parola, pronunciandola. Da qui l’unità fallita del duo, il principio euclideo corroso dal Giano/Ianus Bifronte. Già una volta ho avuto modo di definire la poesia di Ianus Pravo come “la lingua sbriciolata della torre di Babele”, dunque Banned come anche distruzione, dell’io, del Trino, poiché d’io e trino è pressoché zero. Ecco, banned, lo zefiro, lo zero, il cerchio a vuoto, il buco (del culo, da dove centrifuga il letame dell’esistenza), ma soprattutto la fine, “L’òccido” ossia il tramonto, ma anche “L’occìdo”, l’assassino (come scrive anche lo stesso Pravo), l’estromesso al luogo, il fantasma che è la sua stessa eco tremante, dunque l’Occidente, la fine del gioco, l’inizio dello scherzo. Questo è Ianus Pravo, questo è Banned. La morte contro se stessa. Un morto contro gli zombie. Un antidoto al silenzio, contro il cancro rigenerativo della parola.
Consiglio agli addetti ai lavori di leggere Pravo, colui che è. Colui che non sarà mai. Tutto il resto sono chiacchiere da “poetry bar”.
Con tutta la poesia del mondo
Antonio Bux
da “Banned”
*
Dio è trino. Uno è troppo.
Dio è trino. Uno è trono.
Uno è trono. Trino è threnos.
Uno è trono. Trino è ano.
Dio è trino. Uno è troppo.
Dio è trino. Uno è trono.
Uno è trono. Trino è threnos.
Uno è trono. Trino è ano.
*
Ogni addio aggiunge verità
alla verità senza verità delle cose,
ne compromette la proporzione.
Vendo coltelli agli inoffensivi
offro braccia ai vermi, offro porci
ai giardini della nudità invano.
Non voglio che un solo addio
formi la pace di un solo mio sguardo,
che un solo addio fermi il tuo volto, il vento
pagato con i numeri dei morti.
da “Dizionario della parabola”
*
Gioco, posseduto dell’abbandonata
bellezza della lacrima, mentre
la speranza lo è dalla volitiva
volgarità del pianto. Se lo scherzo
mette in salvo la nascita, il gioco
la smentisce. Non ho generazione,
sono l’agénnetos, il non nato, il vile.
In vita la non generazione è
abbandonarsi al gioco, al sonno
dello scherzo, a Holderlin.
*
Horderlin, se nulla deve succedermi,
Holderlin Zwas never nacht,
io ho il Neckar come una murena bianca,
come un verso che sempre ha luogo e mai è,
e il labbro azzurro di Hegel s’inclina
e beve azzurro, confessa, non è
carne, hapax lagómenon, l’hashsash,
l’assassino assassinato, tu Giuda
ucciderai la carne che mi ricopre,
lacererai questo imene.
da “24 haiku falliti”
*
Agli amanti
lo stupor è lo stupro
il Due è deido
*
Non che Dio Dio
due nomi a questo luogo
abbiano suono
da “Banned” di Ianus Pravo
Grande Ianus.