3 POESIE DI MARK STRAND

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TENERE INSIEME LE COSE

In un campo
io sono l’assenza
del campo.

È
sempre così.
Ovunque io sia
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l’aria
e sempre
l’aria rifluisce
a riempire gli spazi
in cui era stato il mio corpo.

Abbiamo tutti motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per tenere insieme le cose.

 

TUTTI I RETROSCENA

“Avrei preferito che tu non avessi ritenuto indispensabile dirgli: È un incendio. E per di più non possiamo farci niente perché – vedi? – siamo su questo treno”.

 

 
Perché debba accadere così
non so bene, ma tu
mi siedi accanto
e ti fai gli affari tuoi,
quando d’un tratto vedo
un incendio oltre il vetro.

Ti sfioro con il gomito e dico:
“È un incendio. E per di più
non possiamo farci niente
perché – vedi? – siamo su questo treno”.
Mi lanci un’occhiata strana,
come se avessi detto troppo.

Ma per quanto ne sai, può darsi
io abbia una passione per gli incendi,
e viaggi in treno per evitare
di doverli domare.
Può darsi che i treni
rinfocolino l’amore per gli incendi.

Potrei perfino sospettare
che tu sia un pompiere
in borghese. Ma insomma,
potrei anche sbagliarmi. Forse
sei il tipo a cui piace
un bell’incendio. Chissà!

Forse tu sei altrove,
e rifletti sul fatto che senza
un luogo dove andare non dovresti
prendere il treno. E io,
vedendo il mio volto nel vetro,
magari sull’incendio ho mentito.

 

IL CUNICOLO

Un uomo sta fermo
davanti a casa mia
da giorni. Lo spio
dalla finestra del
salotto e la sera,
non riuscendo a prendere sonno,
con la torcia elettrica
illumino il prato.
È sempre lì.

Dopo un po’
socchiudo appena
la porta e gli ingiungo
di andarsene dal giardino.
Strizza gli occhi
e geme. Sbatto
la porta e mi precipito
in cucina, poi su
in camera, poi di nuovo giù.

Piango come una scolaretta
e faccio gesti osceni
alla finestra. Scrivo
messaggi enormi sul proposito
di suicidarmi e li espongo
in modo che li legga facilmente.
Distruggo gli arredi
del salotto per dimostrare
che non posseggo nulla di valore.

Lui resta impassibile
e allora decido di scavare un cunicolo
che sbocchi nel giardino del vicino.
Separo lo scantinato
dai piani superiori
con un muro di mattoni. Scavo
come un matto e il cunicolo
è subito finito. Lascio sotto
il piccone e la pala,

sbuco davanti a una casa
e resto lì troppo stanco
per muovermi o parlare, sperando
che qualcuno mi aiuti.
So di essere osservato
e a tratti sento
la voce di un uomo,
ma non succede niente
e sono giorni che aspetto.

 

3 poesie di Mark Strand

da “Dormendo con un occhio aperto” (1964)

estratto da “L’uomo che cammina un passo avanti al buio”
Poesie 1964-2006, traduzioni di Damiano Abeni (Mondadori, 2011)

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4 thoughts on “3 POESIE DI MARK STRAND

  1. Dal lungo party triste
    da “The Late Hour”

    Qualcuno stava dicendo
    qualcosa riguardo ombre che coprono il campo, riguardo
    lo scorrere dell’esistenza, di come ci si addormenti verso il mattino
    ed il mattino passi.

    Qualcuno stava dicendo
    di come il vento muoia ma poi ritorni,
    di come le conchiglie siano le bare del vento
    ma il tempo continui.

    Era una lunga notte
    e qualcuno disse qualcosa riguardo a come la luna perdeva il suo
    bianco
    sul freddo campo, come non ci fosse nulla davanti a noi
    oltre le solite cose.

    Qualcuno menzionò
    una citta in cui era stata prima della guerra, una stanza con due
    candele
    contro un muro, qualcuno che danzava, qualcuno che guardava.
    Cominciamo a credere

    che la notte non avrebbe avuto termine.
    Qualcuno stava dicendo che la musica era finita e nessuno
    se n’era accorto.
    Allora qualcuno disse qualcosa riguardo i pianeti, riguardo le
    stelle,
    di quanto fossero piccole, quanto fossero lontane.

    (così…per coccola!)

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