Fissità –
Da me a quell’ombra in bilico tra fiume e mare
solo una striscia di esistenza
in controluce dalla foce.
Quell’uomo.
Rammenda reti, ritinteggia uno scafo.
Cose che io non so fare. Nominarle appena.
Da me a lui nient’altro: una fissità.
Ogni eccedenza andata altrove. O spenta.
*
Un giorno a più livelli, d’alta marea
– o nella sola sfera del celeste.
Un giorno concavo che è prima di esistere
sul rovescio dell’estate la chiave dell’estate.
Di sole spoglie estive ma trionfali.
Così scompaiono giorno e chiave
nel fiotto come di fosforo
della cosa che sprofonda in mare.
*
Pensavo, niente di peggio di una cosa
scritta che abbia lo scrivente per eroe, dico lo scrivente come tale,
e i fatti suoi le cose sue di scrivente come azione.
Non c’è indizio più chiaro di prossima vergogna:
uno osservante sé mentre si scrive
e poi scrivente di questo suo osservarsi.
*
Sentire
cosa ne dicono le rive
(la sfilata delle rive
le rive
come proposte fraterne)
*
Una infatti si accende
a ora tarda
[…]
altre si accendono sulla riva di là
[…]
[…] Le suppongo segni convenuti
non so più quando o con chi
per nuove presenze o ritorni
*
Ma guarda
– tornano voci dalla foce – guarda da un’ora all’altra
come cambiano i colori: di grigio in verde, di verde
in freschissimo azzurro
*
*
e vinto il naturale spavento
ecco anche me dalla parte del mare
fare con lui tutt’uno
senza zavorra o schermo di parole,
fendere il poco di oro che rimane
sulle piccole isole
postume al giorno tra le scogliere in ombra già:
ancora un poco, ed è daccapo il nero.
Vittorio Sereni
da “Un posto di vacanza”
la maestria del poeta