Libro vincitore della quarta edizione del “Premio Delfini”
I “materiali” che formano il testo di Lidia Riviello, pur dichiarandosi “volutamente accennati e provvisori”, per calcolata mimesi degli anni ottanta che intendono rispecchiare, e forse appunto per questa deliberata destrutturazione della propria struttura, sono un esempio davvero eccellente di costruzione poematica: una rappresentazione dei non-luoghi non-illuminati, in quella che può ben definirsi, ormai, come l’età del neon, per merito di questi versi: gialla terra desolata dei nostri ieri e del nostro presente. “Fatti fummo per essere al neon assuefatti”, “fatti fummo di fumo per vivere di pillole e gas”, “fatti fummo di Neon, di materia infiammabile”: così si intona l’Intro. E un lungo filo, tra “fatti fummo” e “fatte fummo”, si annoda su quella che è additabile, probabilmente, quale morale ultima di questa assolutamente esemplare favola, in “Come nel wrestling”: “Fatti fummo per essere rivoluzionati e mai rivoluzionare”. (Edoardo Sanguineti)
Intro
Resta, fino a dissuaderci da morte l’anima nostra
da sola senza nessun paesaggio al cioccolato,
infinitesimale progresso verso la luna,
e l’una e l’altra delle anime morte se ne torna in vita.
Resta, fino a dissuaderci da morte
l’anima nostra, contraria al corpo
Per infinitesimale scarto, per un voto lasciato nullo
resta al testo aderente.
Una società perfetta, coppie a digiuno di massa
fedeli all’acero azzurro delle cliniche new age
moscerini perversi, tanto platino per gioielli su misura,
materia e antimateria e così si procede.
Fatti fummo per essere al neon assuefatti
occhio per occhio, digitale celeste, anno del Dragone
fatti fummo per essere consumati.
Eravamo i cigni del decennio Ottanta e fatti fummo di
fumo per vivere di pillole e gas.
Quando demi moore nasceva
il Neon già arricchiva i potenti della terra e come le
mele stavamo e come i fumetti sottosopra
e le bestie splendevano placide,
nessuno superava il limite di velocità né su
autostrada né in guerra.
Cronenberg ci salvò dalla potatura dell’inconscio.
Anno Ottanta tutt’intero senza forma e ci ritrovammo
a bere coca cola, l’elettronica scosse l’anima
il canto stonò e i metalmeccanici si estinsero come
antilopi
*
Annoottantaoartificiodipolverepunk
Erano tempeste prima che fuochi d’artificio
erano tempeste
quelle che si abbatterono sulle nostre ragioni.
Negli anni del neon mancava ovunque il sole mio,
nascondevamo il falso d’autore dentro i dischi
perché non amavamo da secoli e
si occultavano beni come plastica e raso,
si risparmiava sulla gomma,
luccicavano gli aghi e l’allucinazione
era l’unica sostanza del padre.
Si conservavano i materiali del riciclo corrosi
nelle grandi città
con erba e ammoniaca, tenuti dentro confezioni lucide.
Eh sì che per costruire la nuova mente sauna
dovevano pur gelare.
Pronta la generazione dei facenti il nulla,
a piedi e a rotelle si andava
nell’anno ottanta punk e ciliegio, le anime
erano solo ragazze, tanto biondo violava il gusto
e il retro delle mutande era compromesso dalle
stupide cuciture del mercato delle pulci.
Era tutto poco originale, visto da dietro.
Le donne nell’età del neon preparavano le prime
fiale celesti con apprensione e senso del dovere,
splendenti, assolte dalle colpe delle madri,
assorte nel corpo dei giovani padri,
assortite nella vendita di rigeneratori e di
produttori di ruoli.
Belle, volpi nei giardini reali, quasi intatte all’alba
La madre in anni neon scelse di non generare più
se non tra bestie addomesticate e schive,
così generò il multiplo dell’enigma
(il bambino nacque col destino tenue, in diretta).
Fu uno shock
in età celeste avanzata, e non sapendo come fermarci
trovammo riparo anni dopo in un restauro
di legno con nessuna vista sul cielo.
Solo dal vetro e dalla resina ricavammo una consolazione,
poi ci consumammo con il dettaglio di stare dietro alle
montagne, avvento di una nuova strana confidenza,
un sesto termine della conoscenza,
vicina al declino del senso.
Si manifestò al neon una verità strillo d’anatra
Presa nessuna direzione
l’Anno Ottanta se ne volò, punk e irrisolto
come infanzia di marmo o di alghe,
e i nipoti di Stalin
diventarono adulti nelle città d’Europa
in crisalidi noir.
Tuttapunk l’azione politica,
tutto rosso vedevano i puri di spirito,
e quando si contarono i morti per elettricità
nelle offi cine brillanti del nord
le spose degli sposi divennero metalliche,
si baciarono pure i cugini senza testa
sotto il chiarore corrotto del neon,
che non offese mai la vista dei potenti
Non fece più paura la generazione precedente
ne avevamo spiato le mosse nel bosco e acquisimmo
il loro pallore, lo svogliato senso
d’appartenenza alle oasi di cemento.
E dire che pensavamo di sconfiggere
la miseria con la danza, come fanno nelle
terre ignorate dall’acqua e dalle banche del seme.
*
Il giallo del neon, amore dei vecchi 80
Tramite il riso in gola s’oscurava la mia gioventù
…………………….Amelia Rosselli
Di ritorno e di altri agguati si parlava nell’anno
del Giallo spontaneo
tornava il sangue come un matto, era un matto e tornava
in me, compiuto il gelo, consumata la sindone allegorica
fece scandalo l’abbandono nel tempo dell’abbondanza.
Altri agguati segnavano il nostro tempo di lupi,
e in fi la al fast food, la prima volta fu come accedere
in edeneon, una terra fatta per noi,
una romantica cena col vampiro.
I nani sono nati prima di quelle piante
cresciute a neon e acqua piovana,
ma defi niti “privi di luce propria”
si ribellarono e fecero i lampioni sulle autostrade.
Perché i nani conservarono
il fi uto per i buoni affari
in quegli anni di neontormento
Individuammo nel Giallo spontaneo
le radici dell’odio verso gli “ultimi della terra”,
ci ritrovammo a credere a tutti i delitti irrisolti
alle prove occultate, e i ritratti dei killer
al posto delle foto di famiglia
ci tennero lontani da casa fino a tardi.
Non conoscevamo il part time
né le sfide alla paramount delle parabole.
Di cartone era ogni sogno animato
e la vanità si scaldava al neon
Quando il neon si spense
Quando il neon si spense
ci ritirammo al buio in azione nera
senza acqua minerale senza sale e senza fare
convinti che dalla città di fronte
ci avrebbero restituito il sole.
E soffi ammo due tre progetti d’alba adriatica
quando il volume delle impronte ridusse le nostre tracce
a sentieri d’IKEA.
Allora al controllo sociale anteponemmo
questa strana forma di iniziale, questo ricominciare.
Non c’è neon che si sia spento senza un perché
durante il giorno,
e quando i potenti della terra ci obbligarono
a mettere in ordine il vuoto sporco
allora facemmo esplodere le lampade ad olio conservate
nelle teche dei presidenti.
Ma l’esplosione generò un silenzio
formale, come un profumo gucci, o un tale e quale.
Quando il neon si spense eravamo pochi e dentro
oggettive speculazioni.
Salvaniente e gli umidifi catori per la veglia, perché dovevamo
ancora entrare nella velocità della luce, nella stretta
E non ci vollero ascoltare nell’anno ottanta cantare
né adottare pseudonimi di rovina e resistemmo al crollo dunque
con il video, siamo di video, nuovi e originali
gatti con gli stivali, azione immediata
Noi ci salviamo solo da vampiri con i sonniferi, e da
fenicotteri con i voli.
A forza di stare intensamente nel bosco la palude si
prosciuga.
Fummo spenti con il neon appunto.
Dicevo.
novembre 2006
Lidia Riviello, Neon 80
Nota di Edoardo Sanguineti
Editrice Zona, 2008
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Lidia Riviello è autrice di prosa e di poesia. Tra le sue pubblicazioni: L’infinito del verbo andare (Arlem 2002, prefazione Edith Bruck ); Rum e acqua frizzante (2003 Giulio Perrone editore, nota di Carla Vasio); Neon 80 (2008, Zona, nota di Edoardo Sanguineti, premio Antonio Delfini 2007).
Sue poesie e racconti sono stati tradotti in inglese, francese, svedese, arabo, sloveno, tedesco e giapponese e ha pubblicato su riviste ed antologie italiane e straniere. Partecipa a reading in Italia e all’estero. Ha curato Insieme a Nanni Balestrini, Luigi Cinque, Franca Rovigatti e Tommaso Ottonieri il Festival Romapoesia e negli anni ha diretto diversi programmi radiofonici sulla poesia per Radiotre, oltre a manifestazioni e rassegne di poesia per teatri, associazioni e librerie.
È autrice di programmi Radiotelevisivi (Rai radiotre, La7, Sky) e dal 2008 collabora con la Compagnia della Fortezza – teatro di ricerca nel Carcere di Volterra, diretta da Armando Punzo.
Inoltre, collabora con la Biblioteca di Storia dell’Arte e Archeologia del Ministro dei Beni Culturali per la realizzazione di manifestazioni culturali italiane e straniere.
Sta lavorando ad un nuovo progetto di ricerca poetica e alla stesura del suo primo romanzo.