PIERO JAHIER – alcune poesie

Il solo amico che ho avuto
 
Il solo amico
che ho avuto
gli ho messo nel petto un fortissimo cuore
la più bella anima gli ho inventato.
Grazia e benedizione
al mio amico che compensa nel mondo la mia debolezza
vittoria al mio amico puro!
 
Con quell’anima gli misuravo la vita
lo travolgevo a vivere secondo quel cuore.
 
Ma si è stancato di un’anima così faticosa
ma voleva misura coi tanti cuori vili.
 
Allora ho smontato l’anima che gli avevo inventato –
ma il cuore che gli avevo dato
nel mio petto l’ho ripreso:
cuore che nel mio petto va bene
cuore forte del mio solo amico
cuore mio.
 
 
Parlato scalando
 
Parlato scalando
all’orecchio della più gracile guglia ghiacciata:
guardami pure nei tuoi specchi bianchi
e non oserai farmi male;
se c’è viltà rimasta che non posso sapere
non mi risparmiare.
 
 
 
Vogliono sempre impedirmi
di esser triste
 
Vogliono sempre impedirmi di esser triste;
ma se è la mia sola gioia esser triste:
cresce solo piangendo
questa gemma d’albero che volete asciugare
 
Autoritratto
 
Borsa di soldato
abito di soldato
pane di soldato
letto di soldato
corpo di soldato
anima di soldato.
 
Non manca il coraggio di andare avanti:
manca il coraggio di andare indietro
ritornare dove deviato:
per avanzare davvero.
 
Bambino
 
Sei tutto nel tuo riso – sei tutto nel tuo pianto
guardaci viso nuovo
guardaci chiaro viso bambino
noi che abbiamo speso il nstro riso
noi che abbiamo speso il nostro pianto
poveri grandi visi
che piangono con resti di pianto
che ridono con resti di riso.
 
Questo bambino povero
 
Questo bambino povero non è stato sgridato quando si infradiciava coll’acqua – unica delizia sulle terre e nei cieli – ACQUA – creatura giocoliera sempre in rumore, e se la tocchi, sempre pronta a scappare.
 
Questo bambino povero – vestituccio di bocconi di pane – eppure non è stato sgridato quando si sporcava con la polvere – secona delizia sulle terre e nei cieli – POLVERE – o cosa di della polvere INDUSTRIA-GUERRA-PITTURA!
 
Questo bambino povero non è stato sgrudato quando si strinava a far divampare il suo fuoco – FUOCO – terza delizia sulle terre e nei cieli – fuoco rosso di sole, fuoco nero in pancia ai treni.
 
Questo bambino povero non è stato sgridato quando sulle scarpe regalate imparava a saltare – quarta delizia appartenente al solo cielo – Saltare – stare in cielo piiù che si puole.
 
O invidiato da tutti, solo vero bambino, bambino povero,
bambino felice!
 
Il ricco con me vuol parlar poesia
 
Il ricco con me vuol parlar poesia
Ma bisogna che parliamo sussistenza, prima.
Altrimenti non arriveremo alla poesia
O come vorrei poter parlare subito di poesia!
E avrei voluto, in vita.
 
………………………………………….
 
Dunque se il ricco vuol parlare poesia
bisogna che parliamo sussistenza prima.
Lui ricco è prima ricco e poi uomo.
E anch’io prima povero e poi uomo.
Debbo scavalcar la miseria per entrare in poesia.
Scavalchi la ricchezza, e ci troveremo insieme.
 
Uomo felice
 
Ier l’altro ha avuto la promozione, la quale gli mancava per esser felice.
Ma quando stava per sentirsi felice, il secondo molare della mascella – in alto a destra – ha ricominciato a dolere.
Veramente anche prima tantissime volte quel molare medesimo aveva doluto.
Però andava con la mancata promozione; non sarebbe stato felice anche se l’avesse fatto cavare; un molare, d’altronde, così prosperoso.
Ieri invece: soltanto quel molare cominciò a separarlo da esser felice.
Allora non potè più rinunziare a esser felice; e se lo fece cavare, e la caverna fece infezione, e fu morto stamattina.
 
 
________________________________________________
 
Piero Jahier (Genova, 11 aprile 1884 – Firenze, 10 settembre 1966)
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