POESIE DI PAOLA SILVIA DOLCI TRATTE DA “NUÀDECOCÒ” (MANNI, 2010)

dolci

 

 

 

 

 

 

 

“Questo libro contiene un romanzo in versi.

Che è anche un diario di viaggio.

Che vede l’adolescente pittrice dal soprannome

Noix de Coco e la noce di cocco che è una nave

e un posacenere.

E c’è Croquignolle che potrebbe vivere meglio

se usasse la concentrazione invece dell’immaginazione.

Con la sua scrittura che è organo del sentimento.”

 

 

 

 

 

Dalla prima parte “Noce”

 

 

IV.

 

(- Suicidio o ribellione

la mia biblioteca è una polveriera)

 

Non era

luogo di vigore

o luogo naturale

piuttosto forma

stravolta

inquietante

che si imponeva

su ogni spazio, abnorme

Una disordinata libertà

 

Invidiavi le bestie, avresti voluto

le ali e pensavi volentieri

a quel gioco in cui nascondere

sotto le lenzuola bianche tutti i libri

non leggere nemmeno la data

di scadenza degli alimenti

non scrivere più

una sola parola

 

Fingendo indifferenza

il libro

trasformava la realtà

corrodendo i contorni delle cose

fino a raggelarle

 

Nessuno avrebbe potuto escludere

che ti sarebbero spuntate le ali

 

 

V.

 

(Quando fuori nevica sdraiarsi dentro,

sul pavimento di legno rosso immaginando un prato verde,

poi iniziare a rotolare morbido; ridere in vocale a e i o u)

 

Nella libreria dietro il Duomo richiedevi sempre

libri che non c’erano

la signora cercava comunque

saliva sulla scala, spostava, frugava, impilava

Quando pagavi solo un quaderno

allora cadeva per terra almeno un libro,

lo acquistavi

 

Quel giorno una raccolta di poesia ti insegnò

– dovrei tagliarmi i riccioli solo come se fossero immaginari,

ti fece considerare – chissà se mio padre

ha mai passato una notte intera in bagno

a rimuginare sul significato della sua vita

 

Croquignolle si stendeva nel letto bianco

che stava sotto il lucernario ricoperto di ghiaccio poi

pensava di avere molto freddo

 

 

 

XII.

 

(Le femmine scrivono solo per vendicarsi)

 

Ti piaceva sentirti protetta

rintanarti sul tavolo sotto i pensili, fra gli alberi,

negli interstizi tra le poltrone

e avresti voluto un padre,

che ricordasse di quand’era bambino,

a costruire nascondigli minimi

scatoline di legno disseminate

nella casa, nel giardino, nell’orto

 

Ma ogni volta che stavi per parlare

tuo padre di tappava le orecchie con le mani

 

 

I colori sbiadivano l’uno nell’altro

non pioveva più dai frutti aperti

 

 

Allora legavi tua madre a una scimmia

 

Poi festeggiavi, con le bottiglie

 

 

 

XVI.

 

(Da una corrispondenza privata,

ieri sera, la consumata rilettura di una caduta.)

 

ho le clavicole gravemente esposte

credo che mi si prosciugheranno le ovaie poi

ho mangiato un pesce e un pomodoro sì

vedi non ho voce per parlarti di mia madre

so che piango e ho i brividi da qualche giorno

e il mio corpo parla sempre molto chiaro

ho terrore di dimenticare tutto il male

per un abbraccio

piango e guardami con le mani sulle guance

e si bagna tutto le dita i capelli il maglione

Nessuno dovrebbe sopravvivere a questo

l’ultimo contatto è stata una lettera d’odio freddo

ma quando l’ho vista

io ho pensato che fosse venuta per abbracciarmi

invece il mio corpo aveva paura

– capisci? io pensavo fosse venuta per abbracciarmi

e allora ho chiuso con tutte le mandate

la porta blindata

e ho camminato avanti e indietro

per non so quanto

e forse fumavo

sento solo dolore ovunque

è un anno e mezzo che non dico la parola madre

al mio dottore

a mio padre ho raccontato oggi cosa è successo

sono mesi che lo accuso tu non mi hai mai difesa mai

si scusava, avrebbe potuto, dovrebbe ora

ma io pensavo che fosse venuta per abbracciarmi

e lui ora non mi deve niente

nessuno mi deve niente

 

siamo rimasti in silenzio

 

 

la amo, è terribile

 

(nell’inconcluso

c’è che i sentimenti siamo animali furiosi

ingovernabili

 

 

 

XVII.

 

(“Ut arcus facilius intendant”)

 

Mutilazione e occultamento

una bambina nella prima infanzia

e quell’accenno di seno destro

– nessuno potrà mai allungare le mani

su quell’accenno di seno destro

un disco rovente di rame

Poi, il braccio sarebbe cresciuto forte

come quello degli uomini

 

– Sei fiera di me mamma?

E dimmi quando mi fiorirà l’uccello?

Se sarò grande non mi sposerò

prima di aver ucciso un nemico in battaglia

 

– Bimba mia

ogni primavera

ti offriranno un maschio

da rituale, in segreto, al buio

perché non vi riconosciate

vi accoppierete nel grano

e genererete figli

 

– Gli amanti mi riconosceranno

da questo splendido vuoto nel petto

 

– Bimba mia

sarà come la mano amputata dello scrittore

come l’arto che vorresti usare

che crederesti di avere,

potrai nutrirne molti dovrai allattarti sola

 

 

Pentesilea bambina non protesta

per questa carne rubata al paradiso

fantastica di quando sarà regina

inquieta sogna

e sveglia osservandosi sbranare

con i suoi cani

il corpo di Achille

 

 

 

poesie tratte da “NuàdeCocò” (Manni, 2010)

 

di Paola Silvia Dolci

 

 

 

Paola Silvia Dolci è nata nel 1977 a Cremona, dove vive ed è ingegnere civile. Scrive da sempre.

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