Due poesie di Oliverio Girondo

Oliverio Girondo 2

 

 

 

*

 

Piangere a lacrima viva.
Piangere a fiotti.
Piangere la digestione.
Piangere il sogno.
Piangere davanti alle porte e ai porti.
Piangere di giallo e di gentilezza.
Aprire i rubinetti,
le saracinesche del pianto.
Inzupparci l’anima,
la maglietta.
Allagare i marciapiedi e i viali,
e salvarci poi, a nuoto, dal nostro stesso pianto.
Assistere ai corsi di antropologia,
piangendo.
Festeggiare i compleanni dei parenti,
piangendo.
Attraversare l’Africa,
piangendo.
Piangere come un cacuy,
come un coccodrillo…
se è vero
che i cacuy e i coccodrilli
non smettono mai di piangere.
Piangerlo tutto,
ma piangerlo meglio.
Piangere col naso,
con le ginocchia.
Piangere dall’ombelico,
dalla bocca.
Piangere d’amore,
di disgusto,
d’allegria.
Piangere in frac,
d’aria, di magrezza.
Piangere improvvisando,
a memoria.
Piangere tutta l’insonnia e tutto il giorno!

 

 

*

 

La mia mano arriva sempre
più tardi di un’altra che si mischia con la mia
e che con questa forma una mano.
Quando mi siedo
noto che il mio corpo
si siede in un altro corpo che si è seduto
dove io mi sto sedendo.
E nel preciso istante
di entrare in una casa,
scopro che già vi ero dentro
prima di arrivare.
Per questo è molto probabile che io manchi al mio funerale,
e che mentre mi stiano ad annaffiare di luoghi comuni,
io mi trovi già nella tomba,
vestito da scheletro,
sbadigliando sugli stereotipi e sulle lacrime di coccodrillo.

 

 

Nato a Buenos Aires nel 1891, si dedicò alla poesia e al giornalismo. Pubblicò per
riviste come Proa, Prisma e Martin Fierro. Tra le sue opere liriche, ricordiamo Venti
poemi da leggere sul tranvia (1922), Calcomanie (1925), Spaventapasseri dell’anno
1932, Interlunio (1937), Persuasione dei giorni (1942), Campo Nostro (1946). Muore
nel 1967.

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