L’uomo è soltanto un pronome eretto sul vuoto. Grazie, Satana, per queste mie pagine scritte contro l’uomo, queste pagine che producono cancro, e il cancro è una rigenerazione negativa.
Leopoldo María Panero
*
Guarda il grido sanguinare.
Guarda il grido sanguinare.
Sangue a muro che si apre
muro a corpo che si apre
che si apre corpo a reddito
corpo reddito a corruzione,
vuole, può, non vuole reddito,
solo è reddito, a corruzione
Ianus Pravo
*
Il gelo ai gelidi, per esser gelidi,
e questo corpo gelido al corpo
mort parmi ses mouches mortes
altro da altro, due, nel radium
che non conosce, e che vede
appartando il braccio dal ventre,
lasciando libera la fame,
a muro del respiro.
Ianus Pravo
*
L’arancia cade dalla mia mano morta
e rotola sulla strada
perseguitata dal cane dell’immondizia
dal cane atroce della vita.
Leopoldo María Panero
*
La vita è una bestia immonda
che sussurra all’oscurità
e piove sul poema
come una lacrima sulla sete
che scrive all’inverso l’universo.
Leopoldo María Panero
*
I miei piedi sono d’inchiostro
l’inchiostro che bacia la tortura della pace
perché, l’ha detto mio padre, il poema
si attorciglia come l’edera sulla mia pagina
la pagina che non esiste ed è
il verme della vita
che i vermi divorassero il torello morto,
l’ha detto per sempre Ezra Pound a Venezia,
morto vivo morto vivo
inchiodato alla pagina che è Venezia.
Leopoldo María Panero
*
Dos brais e criz dei pani e dei pesci
la bocca è la ferita al Dio,
cioè Dio, cioè pane e pagina
e rosso e bianco e nuda altura,
la bocca morta del leopardo
dove eiaculare accarezza carogna,
nuda bianca altura della pagina
sul rosso all’orlo della tazza di gazpacho.
Un long pie nu sur ma bouche
il lungo bacio alla pianta nuda del piede
offrendo il proprio peccato alla peccatrice,
il peccato testa osservante la nudità della peccatrice
questa suola di piede sulle mie labbra
Ianus Pravo
*
Ah lo spettro di Benito Mussolini
che lecca la mia mano che scrive
e la pioggia cade sul poema
come in Shock Corridor di Samuel Fuller
dove piove sulle pareti del manicomio
e la vita è soltanto la scienza di vivere
la vita è un vescovo che prega l’oscurità
implora carità alla morte unica signora.
Gesti e gesti tra gli uomini
come tra le scimmie
e dicono che questo è un uomo
perché somiglia a una scimmia
una cenere che cade sul corpo di Gramsci,
una bocca lenta e secca
senza sputo per bagnar di bianco
il bianco della pagina
Leopoldo María Panero
*
A te Ovidio, principe della pagina
Signora del mio naso
del naso storto dove piove
sulla mia identità perduta
I am, but what I am none cares or knows
My friends forsake me like a memory lost
I am the self-consumer of my woes
E la luna risplende sul mio cranio
e cade come pioggia la neve
la neve è un inferno
da mostrare come un fiore agli uomini
Chi sono io? sussurra la pagina
e una mano si muove lentamente
riscrivendo all’inverso l’universo
implorando la pagina per non soffrire
nel doppio che riscrive l’universo
e l’uomo non deve soffrire
deve soltanto scrivere
Chi sono io? sussurra un vecchio prima di morire
Nessuno sa, Borges l’ha detto,
dopo tutta una vita nessuno sa chi è,
cos’è quell’estraneo che si rispecchia
nel dolore senza dolore della pagina.
Leopoldo María Panero
*
Questa è la mano di Muzio
la mano in fiamme dell’alba
un’unica volta vacilli la mano
le mani atterrite sul volto
gridato dal ventre, quasi Celan,
Thou hast a lap full of seed.
Le mani dell’impiccato sulla corca,
sul nodo scorsoio dalla cui stretta nasce
l’oscillazione del corpo, del ventre verticale
e del rizoma delle mani.
Ianus Pravo
*
Death you shall die
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Dylan Thomas o Pavese
queste parole
s’impiccano ridicolmente ai lampioni,
Mallarmé l’ha detto,
Ridiculous the waste sad time
Stretching before and after, Eliot l’ha detto,
morirò ubriaco impiccato ridicolmente al lampione,
Emmanuele, tra gli uomini,
come un goffo sogno tra gli uomini,
e i bimbi correranno ancora intorno a me
gridando stoltamente Scardanelli! Scardanelli!
Scardanelli! per sempre
ombre di un ubriaco che si chiama vita.
Leopoldo María Panero
*
Cerebrum non habet
questo zero è una specie di uno
l’acefalo è una forma di non-Due
di non-timore, mudrá del non temere, se da deýdo è il
dýo.
Ma siamo due a spaccare un unico
cervello, siamo vicini allo zero
ed il terrore incendia la sua aquila
il volo dei corpi
via dall’a-pollá
occhio dove occhio non c’è
e ciò che non è occhio tra due sguardi
come la Shekina to she sessions of seewt silent thought
habet cerebrum et silentium.
Ianus Pravo
*
O ciò che non è mai stato non lo è stato.
O non lo è stato a sufficienza. Così se
lo zero è zero, è non pensato, è non detto,
non è ciò che è, le cose che tacere è bello.
Se lo zero è qualcosa che non raggiunge l’uno
è l’allegrezza di Cristo fatta due,
sparagmós che abortisce l’è, Verneinung del Cristo
la cui bellezza è di non essere a sufficienza,
la cui bellezza è di non essere Cristo.
Commoto di cosa e corpo, di scorporo
vibrazione prensile, apre, non stringe,
i propri margini di mano e morto
e sta d’un accennato obliato star,
un che che non sia stato ma perduri,
indifferenza a unire inferno e segno.
Ianus Pravo
*
Che strana cosa il poema
cianfrusaglia per mercanteggiare con gli indigeni
per ingannare la morte
per soffiare all’udito della morte Gesù
per soffiare all’udito della morte Belial
chi era questo bambino che muore tutti i giorni
nella pagina che non esiste
er resplan las flors enversa
il fiore che è un suono sputato sulla mano
la mano asciugata dal vento della pagina
dal vento che non esiste sulla pagina che non esiste
e l’uomo muore nello specchio del nulla
travolto dal nulla
sputato dagli uomini
che non sanno cosa sputano.
Leopoldo María Panero
poesie tratte da “senz’arma che dia carne all’imperium”
di Leopoldo María Panero e Ianus Pravo (Sef editrice fiorentina).
foto di Ianus Pravo copyright by Michela Scalia