*
vi ho scritto questa pagina bianca,
è una fitta nevicata in pieno petto,
è la bianca ronda dei pensieri,
è il battito del quaderno
se vi poggio sopra l’orecchio.
vi ho scritto questa pagina bianca
perché prima di niente è solo neve,
e sembra cadendo dire pardon,
ma voleva dire niente.
vi ho scritto questa pagina bianca
anche se forse non si riuscirà
a trattenerla a lungo,
ma è questa la lanugine degli eventi,
sono questi i contrattempi degli anni,
i fiocchi dei pomeriggi,
i piccoli pugni stretti dei cuori.
*
inverno atlantico
i giorni
affiorano
a poco a poco
come timide balene
premono la fronte
sul ghiaccio sottile delle finestre
e affondano la coda
nel buio dei cortili
inverno atlantico
col mare spina dorsale
e le pinne curve dei pomeriggi
quando tira un gran vento
e ci salutiamo con la mano
dalle scogliere delle case
*
la luce scalza di una candela,
è la luce premurosa
di quando torniamo a casa la sera –
una luce dolce come una toppa
o una piccola pace in tasca, di riserva.
è un buio soleggiato
quando a testa bassa facciamo ombra sul tavolo
e mi piace guardare la spirale delle tue orecchie
attente come foglie.
la candela accesa
è al centro dell’orbita persa degli anni,
è un’astronomia da tavolo di cucina
quando ho un pensiero preso per il manico.
è il fuoco in un granaio
quando il temporale preme sulle ossa del tetto.
una luce che spenta lascia una scia
come un filo spezzato
*
passerei la vita intera
a contare le comete dei pomeriggi,
a guardare come cade
un fiocco di mela
e un altro ancora,
leggerei in ogni vetro
la grafìa dei giorni più freddi
e di ogni amore farei un nodo di lana,
mi fiderei dell’angelo delle dita
che a piccoli gesti mi rassicura
e spegne il lume
*
essere l’apprendista
di un lume
fino ad avere i tratti
bruciacchiati
ascoltare tutte le sue parabole
leggere il corsivo delle ombre
sul muro di fronte
e imparare
la pace sorda delle luci
*
la casa è di legno
– legno d’aria –
ci stiamo come
nella tasca dei boschi
e dormiamo tranquilli
nel camino dei respiri.
al mattino ci accendiamo
come certe stufe
affumicando l’aria,
sono le parole
che salgono verso
il soffitto,
alcune sollevano le tegole
e verrebbe da pensare solo al cielo,
l’inverno lo snidiamo così
coi piccoli falò delle frasi
*
una foglia da
centesimi cinque
in cambio
di una matita
per scriverci
con l’orecchio al suolo
con la punta
del
naso
sulla terra
*
morire di sfuggita
come la prima nevicata
o sparire appena
in tono seppiato
come in una fotografia
un incerto qualcuno
accanto al bavero di un altro
vivere a voce
in una nebbia improvvisa
o di partenza in partenza
al crepitìo dei saluti
*
mia nonna
col mio libro,
lo legge alla radio
dopo le previsioni
del tempo –
alzo il volume
con l’aria che tira
e le finestre
spalancate
sentiranno anche
i vicini
la voce della nonna
sale fino al soffitto
gira intorno
alla lampadina
sfiora i fiori
della carta da parati
riempie gli appartamenti –
la trasmettono
solo
per oggi.
*
leggere a bocca chiusa
o fare ombra sulla ghiaia?
io busso dal balcone:
un saluto, niente di più.
*
passano i morti
a luci spente e
fanno un cenno,
ma nessuno li vede
e allora fanno un fischio
come di nave a vapore,
portano identiche notizie:
è andata bene
ci siamo persi in un bicchiere
*
s’inchinano le ore
dentro gli ospedali
e i cimiteri
io sono il centesimo di un gesto
e la parola è un sasso liscio
appiattito
rimbalza sulle tempie
come sull’acqua
*
di notte
i miei genitori
sfogliano l’album di famiglia
seduti in cucina
sbiancano i figli
al raggio di una torcia
si raccontano
i particolari
delle loro vite
soffiano via
le date
le età
e si curvano
l’uno
sull’altra
e appoggiano la fronte
l’una
sull’altra
(da Francesco Balsamo, Ortografia della neve, incerti editori 2010)
Quant’è bravo Balsamo! E non solo come poeta.
certo, molto lieve, essenziale. ed è bravo anche come editore.