POESIE DI ANTONIO BUX – DA “RICETTARIO DELLE COSE PERDUTE” –

*

 

Sorriso cereale, sguardo che malto

e frumento d’abbraccio, avena

che si spera cresca in fretta;

l’uva passa ma non la raccolta

la frutta secca d’ogni stagione.

 

Questo è il guscio che protegge:

la noce schiusa ad arco, la spada

di farro che l’incudine lenticchia

ma lenticchia così tanto che fagioli

e fagioli a pioggia, si spera con la crusca

 

tormenta di pane raffermo che fredda

cuore di piselli, temporale a cucinare

orzo di pensieri, mentre parole leguminano

idee ceci senza dolore: fave nel tempo,

granoturco della mente, minestre di voci.

 

Nel gran calderone dell’occhio integrale

la fibra nascosta della vista dove semina

la pupilla la terra del mondo, la ricrescita

questa la ricetta: due chicchi di sorpresa

e farina a lievitare, la massa dell’infinito.

 

 

 

 

*

 

Di una spada la carota

è la paziente arancio lama:

divide in due la vista, la trama

della fame, come anche la cipolla

viola, tremulare nell’occhio tegame

 

il vortice del sedano, l’arco verde

vegetale, indicando il brodo a valle

il fiume rosso, uno specchio d’osso

mestola alla verza, color minerale

bianco riso a cuocere, linfa che ribolle.

 

 

 

 

 

 

*

 

La castagna insegna

al tronco nella veglia

la soglia dell’incanto

l’avvento della foglia

la voglia che è nel vento.

 

Così cresce lo spavento:

nella magia della betulla

il porcospino si trastulla

sulla guglia s’ingarbuglia

alla figlia della cicogna.

 

Così niente più si agogna:

ché poi solo si bisogna

d’una morbida famiglia

d’aghi, pini e un parapiglia

di massi e dossi; paradossi

naturali, la verde meraviglia.

 

 

 

*

 

Proprio fragola diventa
notte di bocca, magenta
che cambia, riposando labbro
ciliegio del bacio, sambuco
d’odore, fragore di neve.

Amarena che scatena
nella vena dell’amore
germoglio di rosa, lucore
di casa, amido del sapore

tornando a crescere, sapere.

Pioggia di mandorle, croccante
cadendo gocciole d’arachide
la nocciola epidermide, crusca
corpo integrale, finestra d’orzo
da cui chicco sporgo, melograno.

 

 

*

 

Mi sei pompelmo nello
sterno, fragranza gialla
mandarina scoperta
di sapere la foglia
ancor prima che menta.

Questa la freschezza:
papilla clorofilla, rugiada
nella pupilla, cuore rosa
stelo di posa, cadavere 

pesca, verde orchestra.

Allora guscio ritornando
nell’incavo puro albicocco
scavo nella buccia, miccia
che ruvida, di cocco sorriso
indecisa segreta, fiore di loto. 

 

 

 

*

 

Preme. L’arancia del giorno
che spicchia, fibranza solare
al vegetare di rivolta assapora
nel gusto la mescola, vitamina.

Come risale al bicchiere vivo
faticando l’ascendere, il grumo
come un dubbio: se essere acido
o il nocciolo, la citrica questione.

 

Ma la polpa è il desiderio acceso
erosione del tramonto al liquido
nel bianco del dorso sbucciando
la patria perduta, scorza d’olanda.

 

 

*

 

Colpa la tua polpa
solida, anche arida
gravida la scorza
che smorza la storica
sapida credenza:
l’arancia che frangia
la pancia in crescenza.

 

 

 *

Pane che possibile
granoturco arido
diventando contorno
zuppa commestibile
nell’avido ritorno:

fragranza di sostanza
appetibile frastorno
di sapere la creanza
nella povertà del rorido
sapore che sentenzia.

 

 

 

 

Da “Ricettario delle cose perdute”, 2012.

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