Nel cerchio
Qui nel cerchio già chiuso
nel monotono giro delle cose
nella stanza sprangata eppure invasa
da una luce lontana di crepuscolo
può darsi nasca un’acqua ed una nebbia
il mare sconosciuto e il lido
dove per primo devi
imprimere il tuo piede
calando dalla nave
consueta, transfuga
che il rombo frastorna
in corsa nella mente,
lungo le belle curve di conchiglia.
Sarà prossimo il centro:
là s’appunta il nero
occhio, la nostra
perla di pece sempre in fiamme,
serrata tra le ciglia,
che per un attimo, in un battito ribelle
intacca il puro ovale dello zero.
Gesto
Non è vero che non successe nulla
quando tirasti fuori la mano dalla tasca
e a braccio teso tagliasti l’aria
da sinistra a destra
dall’alto verso il basso
successe che a braccio teso
tagliasti l’aria
e ciò ebbe il suoi peso
l’aria non è più come prima
è tagliata.
Mosca
La mosca ronza
sulla parola mosca
la stuzzica per farla
volare dalla carta
la mosca ignora
che quell’altra mosca
– bisillabo inchiostro sulla carta –
non è più sua compagna
ma nostra.
ANTRACITE
Fabbriche e treni perdono lucore,
invecchiano, sbiadiscono col tempo,
sconfinano nel bigio della nebbia.
L’antracite perdura, abbasso, nera,
fragile, dura, riflessi di metallo,
terra chiusa e remota
a lumi spenti.
Ne intendo i segni, i cippi calcinati del confine,
l’ala del fossile confitta sulla costa
le mani rattrappite dei compagni
naufraghi morti nel golfo senza mare.
Può darsi avvenga domani un altro rogo
non l’aperta l’allegra combustione
che macchia l’aria di fumo e d’amaranto,
la soffocante perdita dell’anima
noi incastrati nell’ombra.
Penso alla pioggia, alla cenere, al silenzio
che l’uragano lascia amalgamati
nella vergine lapide di melma
dove drappelli d’uomini e di bestie
verranno ancora a imprimere
un transito nel mondo,
all’alba ignari sul nero
cuore del mondo.
APERTURA D’ALI
E l’apertura d’ali?
Essa varia; ve n’è
di micron, di centimetri, di metri.
Dipende dal modello, dalla materia, dalla
forza motrice; il motivo, la quota da raggiungere.
Ripiegate, richiuse, accantonate
sotto un serto verdissimo, nell’Eden
pasto a tarme felici;
oppure sottoghiaccio coi relitti, ossa
regali, mammut, mosche spente
in fondo all’ombra del tempo.
Camminammo più a lungo che potemmo,
spesso vedemmo, alto nella memoria, doloroso,
un bianco stormo di brandelli… (appena
un gioco, un aiuto, una finzione
se sulla scena del deserto il fuoco
s’apprende alla pelle delle prede
se il gelo aggruma nomi disumani).
Un battito d’ali su per le vaste
pareti della memoria non ci sottrae
all’ombre che ci seguono; la iena,
il lupo, gli angeli
abietti dall’obliquo incedere.
Perderci la vita
Perderci la vita
battendo quel solo chiodo
estendendo il dominio a quel centimetro
là concentrandolo
sprofondare
fare l’abisso con le proprie mani
spezzettare in atomi
molecole
rompere anche gli atomi
la polvere che resta sulle dita
ti segna in eterno
indossa guanti
metti le mani in tasca
tagliati le mani.
Sulla testa di tutti
Colpi di mano, sonni, soprassalti,
monotone manovre.
Quando qualcuno ci porta notizie
le chiudiamo in busta,
passiamo le linee nottetempo,
le vendiamo al nemico.
A sua volta qualcuno dei nemici
compie il cammino inverso,
parla coi nostri,
disputa sul peso
contratta il prezzo della nostra testa.
Non capita nulla non succede
un giudizio per nessuno,
sulla testa di tutti pende qualcosa.
C’entra il crepuscolo.
Chi di colori s’intende
e di pagine scure
ritagliate compatte dall’inchiostro
alle tristi finestre s’affaccia
tasta smorte pareti come un cieco
c’entra il crepuscolo
livido e bieco nelle sue misture.
poesie di Bartolo Cattafi
Sono belle poesie , queste di Cattafi, e non vi riconosco nulla che stravolga significati e regole, anzi direi che sono anche musicali con un lirismo contenuto e con profondità di senso. La denuncia: non credo che esista poeta che inneggi all’aridità dei tempi e dei cuori, alla perdita di un’umanità socializzata, non necessariamente derivante da un credo religioso ma dalla consapevolezza di restare inquieti, dolenti e crudamente crudeli. Non conoscevo il poeta prima di leggere queste liriche, né queste possono bastarmi per formulare un giudizio articolato; apprezzo tuttavia il suo verseggiare tonico e lieve.
Narda
Ciao Narda, leggo solo ora, a volte non mi notifica.
Personalmente lo ritengo una delle voci più alte della poesia siciliana del secondo novecento italiano, e in generale di tutta la poesia italiana del periodo (riallacciandomi al tuo discorso lui fa parte della generazione che ha vissuto il ventennio fascista, per non dire la seconda guerra mondiale anche, ecco forse dove risiede il motivo dei temi ricorrenti quali solitudine, vuoto, crudeltà e via dicendo).
Credo tu possa ancora trovare l’opera di Cattafi negli Oscar Mondadori…forse. Comunque andrebbe riletto e ristampato sicuramente, lo spero.
Grazie a te per l’intervento.
Antonio