“Tekno Rave Ecstasy”
La pupilla si fa quadrata
e la memoria è il bisogno
di andare nel contrario di sé
nel moto circolare del vuoto
quando la mascella è trivella
nella bocca che s’interroga
dove si sia perduto lo sguardo
o la mano che sapeva confine;
e non rimane che la vastità
del niente sopra le spalle
e tutto il nostro squagliarci
nella gravità del nuovo sole
in un rumore che è meccanica
loop infinito -ripetitore pulsante-
una musica non più elettrica
mentre biascicano i calcoli
nella calcolatrice dell’alba:
due più due oggi fa zero.
“Piccola poesia per K”
È un campo di cielo grigio
azzurro dai contorni viola
dall’alto ci pesa l’elefante
che ci misura ogni passo
e ogni parola è falena
librando tra vento e sabbia
e ci manchiamo nell’abbraccio
nello zero di una intesa gialla
con la caduta che ragiona di silenzio
di possibili ritorni dal nero del tempo
quando alzandoci sulle teste altrui
riconosceremo l’orizzonte del mondo
mentre un gatto bianco consumerà il naso
e un topo nero correrà via dallo sguardo.
“Little Beige Sunset”
Il ricordo della polvere
in un piccolo tramonto beige
della vaniglia color sabbia
e la ferraglia tondeggiante
scavando nel calore l’abbaglio
di un giro contrario nel respiro
luce ai tuoi occhi corti in uno spillo
le braccia allungatesi all’infinito d’ombra
mentre un dio qualunque visita l’inferno
e tu non sei altro che un tremore umido
e lo sguardo nella pelle è il purgatorio
dove passano lenti i secondi sgualciti
in un paradiso atteso tutto il giorno e poi
la morte azzurra che ti rilancia nel ciclo
nella veglia di una febbre senza colore
nel giorno che si ripete come un vetro rotto
infranto sogno che non illumina il tuo volto
abbagliando qualcosa che solo rassomiglia
a quell’angelo rosso che non può fare miracoli
ma solo darti quell’ostia dal sapore di valium.
“Trittico della caduta” (tre poesie chimiche)
di Antonio Bux.
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